Ci ha sorpreso, nei giorni scorsi, la decisione della Presidente del Consiglio di togliere dalle mani del Ministro degli Esteri il caso Sala e di trasferirlo a Palazzo Chigi. È una umiliazione ingiusta inferta a una delle migliori amministrazioni pubbliche italiane e una sconfessione aperta di un Ministro cui l’on. Meloni dovrebbe molta gratitudine per l’avallo costante che l’on. Tajani le ha dato presso il Partito Popolare Europeo. Evidentemente – ci siamo detti – Giorgia Meloni teme che il prolungarsi della detenzione della giornalista possa incrinare seriamente il già declinante consenso suo e del suo governo presso l’opinione pubblica. Dunque una decisione sostanzialmente politica, presa da leader di partito oltre che da capo del governo.
Ma in questa decisione vi sono delle implicazioni politico-istituzionali molto delicate che l'on. Meloni e il suo entourage sembrano avere ignorato del tutto. E qui sta il problema.
Trasferire la questione Sala a Palazzo Chigi implica il sostanziale riconoscimento della connessione fra il caso del cittadino svizzero-iraniano arrestato in Italia il 16 dicembre scorso e quello della giornalista italiana arrestata in Iran. Se questo vuol dire che l’Italia si appresta ad accettare un inaccettabile ricatto fatto dal regime iraniano, si tratta di una lesione gravissima della nostra sovranità. Ci si è fermati a riflettere su questo punto prima di compiere quel passo?
La sorpresa dopo le decisioni dei giorni scorsi si è tramutata in sconcerto con il viaggio affrettato dell'on. Meloni nella residenza privata di quello che sarà, ma ancora non è, il Capo dello Stato americano. A parte la grave scorrettezza nei confronti del Presidente ancora in carica Biden, atteso a Roma nei prossimi giorni, vi è in questo passo una seconda lesione della sovranità nazionale altrettanto grave, seppure diversa, da quella legata all’accettazione della connessione fatta dall’Iran fra il caso Sala e il caso Mohammad Abedini Najafabadi. E, a parte i riflessi in seno all'Unione Europea e i giudizi che su questa vicenda daranno i maggiori paesi dell’Unione, vorremmo sapere che cosa ha detto Meloni a Trump sul caso Sala. E soprattutto che cosa ha chiesto agli Stati Uniti. Ovviamente non possiamo sapere i contenuti del colloquio, ma temiamo che l'on. Meloni abbia chiesto "comprensione" per il cedimento che si appresta a fare. Così, del resto, ha scritto il New York Times.
Due cose un paese sovrano che non voglia esserlo solo di nome, non può accettare: sottostare a dei ricatti; chiedere ad un altro paese, anche se si tratta di un paese amico, il permesso di fare o non fare un qualunque atto che sia di sua assoluta spettanza.
Temiamo - ripetiamo - che l’on. Meloni abbia fatto ambedue le cose. Ha reso evidente che sta cercando il modo di soddisfare una pretesa dell’Iran ed è andata a dirlo al nostro maggiore alleato, sollecitando la sua comprensione per una mossa che significa la rinunzia dell’Italia alla propria sovranità.
La questione Sala andava lasciata nelle mani del Ministero degli Esteri e di altri apparati dello Stato abituati a operare con la necessaria discrezione. Andava tenuta rigorosamente separata la questione dell’arresto della giornalista da quella dell’arresto dell’ingegnere iraniano. Gli Stati Uniti andavano informati e consultati nelle forme discrete dei rapporti fra paesi amici. Tutto questo ora non è più possibile.
Vedremo i prossimi sviluppi, ma chiunque abbia a cuore la dignità del nostro paese deve reagire duramente a questi passi incauti. In particolare dovrebbero essere i partiti dell'attuale maggioranza, che dichiarano di avere il culto dei valori supremi della Nazione, a chiedere conto all’on. Meloni delle sue iniziative.
6 gennaio 2025