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A proposito delle commemorazioni di Franco Basaglia

Abbiamo letto in questi giorni gli articoli per la commemorazione dei 40 anni dalla morte di Franco Basaglia, di cui si è detto come di un portatore di un pensiero eretico o comunque irregolare: Basaglia condusse la sua battaglia per la chiusura dei manicomi negli anni Settanta, anni contrassegnati da forti contrasti ideologici nei quali fu coinvolto anche il dibattito sulla malattia mentale e di cui il pensiero dello stesso Basaglia di certo risentì. La legge approvata nel maggio 1978 ha, comunque, rappresentato un momento di grande di consapevolezza e maturità da parte dei legislatori e della società civile che, finalmente, aprivano gli occhi sul degrado raggiunto dalle strutture adibite al trattamento delle patologie psichiatriche.

Tuttavia, ritenere indispensabile la chiusura delle strutture manicomiali in ragione della condizione infima nelle quale esse si trovavano non era allora, non è oggi, un motivo sufficiente per trasferire la responsabilità della cura della malattia mentale e il disagio dei malati sulle loro famiglie.

Centinaia di malati psichici all'anno spariscono, entrano nella condizione dei clochard, vivono in stato di assoluto abbandono, alimentano nuove, ulteriori forme di povertà sempre più invisibili, sempre più emarginate.

La legge 180, che ha posto fine ad una realtà drammatica, avrebbe dovuto dare il via all’organizzazione di una rete di assistenza ospedaliera e familiare pubblica degna di uno Stato di diritto moderno e democratico. Non è avvenuto e oggi solo costose cliniche private assicurano ai malati mentali il conforto e le cure di cui hanno bisogno.

Non vorremmo che, nel silenzio della politica e del Parlamento sovrano, la malattia mentale seguitasse a restare confinata nel disagio delle famiglie o nelle strutture sanitarie votate allo spontaneismo e al volontariato.

Una società, una democrazia che lascia indietro i malati psichici e le loro famiglie è, nel migliore dei casi, una democrazia fragile. C'è molto da rifare, oltre alla memoria dell'uomo c'è davvero assai poco da commemorare.

Mauro Aparo

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