Con questo articolo, a pochi mesi dalle importanti elezioni che riguarderanno la città di Roma, Il Commento politico apre uno spazio di riflessione sugli annosi e irrisolti problemi della Capitale
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“Buongiorno, polizia locale di Roma Capitale”. Alzi la mano chi non ha provato un senso di fastidio per la lunghezza del messaggio del centralino, ma soprattutto per il ‘vuoto percepito’ quando si parla della misteriosa entità. Sì, perché nella vita quotidiana del cittadino romano, ad ogni livello, ‘Roma Capitale’ non esiste, se non sulle targhe degli uffici e, appunto, sulle fiancate delle vetture della Polizia municipale (o come si chiama adesso). Per tutti, nella città e nel resto d’Italia, da un secolo e mezzo (1871, ma diremmo dal 20 settembre dell’anno prima) la qualifica di capitale è un fatto scontato: ce lo hanno insegnato nei libri di storia e di geografia, per chi ha frequentato giurisprudenza, in diritto costituzionale (art.114). Insomma, una ridondanza strana.
Invece il senso è chiaro per studiosi e addetti ai lavori? Non pare. ‘Roma Capitale’ non esiste nelle istituzioni e nei rapporti tra esse; perché quel progetto dal nome pomposo è di fatto abortito, non ha gambe, non ha strumenti, è privo delle risorse adeguate che servirebbero al governo cittadino per sostenere, da un lato, gli oneri ordinari che derivano dall’essere il Comune più grande d’Italia per territorio ed abitanti; dall’altro, il peso straordinario delle funzioni da ‘capoccia’ del Paese richiamate dalla legge 42 del 2009 (Art.24 “Roma capitale (…) dispone di speciale autonomia, statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti stabiliti dalla Costituzione. L'ordinamento di Roma capitale è diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali”), un elenco che oggi mette i brividi e un po’ fa sorridere d’amarezza: dalla valorizzazione “in concorso” dei beni storici e artistici allo sviluppo del turismo e delle attività produttive, dalla pianificazione urbana e territoriale passando ovviamente per i trasporti. Per essere all’altezza della sua dignità di Capitale, in Italia e nel Mondo. Il pasticcio si è ancor più complicato – se possibile – con l’avvento della Città-area metropolitana, che comprende comuni e funzioni della (ex) provincia.
Come se ne esce? Cosa manca perché il progetto di ‘Roma Capitale’ non resti beffardamente confinato sulle targhe d’ottone degli uffici, e i romani intrappolati nella morsa di una città inefficiente, anche per il peso insostenibile dell’essere ‘capitale’ politica del Paese e della cristianità? La “speciale autonomia” declamata dalla legge sul federalismo fiscale deve diventare realtà, dal modello di governance alla disponibilità di risorse adeguate. Non è mai stato così, neppure in tempi recenti. A progetti speciali hanno corrisposto stanziamenti speciali, dalle Olimpiadi del 1960 sino al Giubileo straordinario del 2015, passando per i Mondiali di calcio del 1990. Ci sarebbe molto da dire e ricordare, ma ci fermiamo qui.
Si discutono in questi giorni in commissione Affari costituzionali della Camera due ddl di riforma costituzionale, che mettono (finalmente) a fuoco il punto nodale: Roma Capitale deve diventare Roma-Regione, sul modello dei land tedeschi; un livello di governo stavolta sì speciale, che assommerebbe i poteri di comune, città metropolitana e parzialmente di regione ordinaria, che andrebbe sulla base di una legge dello Stato a rapportarsi con la Regione Lazio. Ci sono in commissione altri ddl meno ambiziosi, che puntano con legge ordinaria ad esempio alla ridefinizione del governo della città metropolitana, all’elezione diretta del sindaco metropolitano e del consiglio.
Sui ddl di riforma costituzionale pare addirittura consolidarsi un’intesa politica bipartisan, che andrebbe a unificare le diverse proposte. Riusciranno i nostri eroi? L’auspicio è che si avvii un dibattito finalmente serio sullo status e i poteri di Roma. Essendo consapevoli che dietro l’angolo ci sono due rischi: gli ostacoli che possono venire da chi – oggi di nuovo al governo – negli ultimi trent’anni ha messo in discussione il ruolo politico e storico della città; dall’altro, quello di una fiammata effimera sul tema, cioè di una iniziativa parlamentare legata in qualche modo alla prospettiva della campagna elettorale per le amministrative dell’autunno. Partiti e candidati, consolidati e prossimi, sono chiamati a smentire scettici e pessimisti.
Dario Mordani
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