Il professor Cassese, intervistato sul tema del presidenzialismo dal Quotidiano Nazionale (vedi allegato in calce) ha autorevolmente confermato le posizioni espresse qualche giorno fa da Giorgio La Malfa in un articolo per quello stesso giornale, riportato dal Commento Politico nei giorni scorsi.
In particolare, Cassese ha sostenuto che una più forte investitura parlamentare del presidente del Consiglio e l'attribuzione alla sua responsabilità della nomina e della revoca dei ministri sarebbero soluzioni idonee a rafforzare e a stabilizzare l'esecutivo. Cassese aggiunge un’osservazione significativa: l’elezione diretta del capo del governo, secondo la proposta degli on. Renzi e Calenda sarebbe in contraddizione con l'elezione del capo dello Stato da parte del Parlamento e altererebbe gravemente l'equilibrio costituzionale. Cassese non parla neppure dell'ipotesi di una elezione diretta del Presidente della Repubblica, perché ovviamente questo imporrebbe un tale cambiamento delle regole costituzionali da far dubitare che lo strumento dell'art. 138 della Costituzione sia lo strumento più adatto a questo scopo. Peraltro, le vicende americane del 2021 e del Brasile nei giorni scorsi fanno comprendere che il mantenimento del sistema parlamentare e del governo parlamentare costituiscano una garanzia necessaria contro le minacce e gli affronti eversivi ai sistemi democratici.
In realtà, dal complesso delle interviste e degli interventi apparsi sul Quotidiano Nazionale in questi giorni, l'on. Meloni dovrebbe trarre un'indicazione di prudenza sul tema delle modifiche costituzionali. Senza contare l'autorevole consiglio che le giunto da Paolo Mieli, in un articolo sul Corriere della Sera, di limitare l’enunciazione di propositi di grandi riforme e di concentrarsi invece sul fare bene le cose che il governo è impegnato a fare.
Ma è proprio qui il problema: abbiamo l’impressione che la presidente Meloni si stia rendendo conto che raccogliere voti parlando dai banchi dell’opposizione è facile, ma conservarli, se si va al governo e non si possono mantenere le promesse, è molto difficile. Per questo – come aveva ipotizzato Giorgio La Malfa nel suo articolo – si agita il tema della “grande” riforma per cercare di allontanare il momento in cui divenga troppo evidente il contrasto fra le promesse che hanno aiutato a raccogliere voti e la dura realtà dei fatti.
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