Un capo del governo e leader politico che parla davanti ai militanti del proprio partito può essere giustificato se alza i toni della polemica nei confronti degli avversari. In fondo deve convincere i propri militanti che frequentando le stanze del potere non ha perso l’antica combattività di quando era all’opposizione e non ha dimenticato le promesse che ne hanno accompagnato l’ascesa. In questo senso si possono comprendere alcune parti del discorso tenuto domenica a Roma dall’on. Meloni a conclusione della festa del suo partito.
Nello stesso tempo però il leader politico non può dimenticare di essere anche capo del governo. Deve quindi saper parlare alla “Nazione” e rassicurarla che ha una visione chiara dei problemi e una chiara definizione delle priorità. E soprattutto che il Paese cammina. Se tutto quello che resta del discorso sono solo le polemiche, allora vuol dire che qualcosa non va. È questo che è successo con il discorso dell’on. Meloni. Tanto è vero che anche alcuni commentatori, non particolarmente prevenuti nei confronti del governo, hanno parlato di “un errore” o quantomeno di un'occasione mancata.
Qual è il problema? A noi sembra che il discorso del Circo Massimo nasca dalla percezione da parte di Giorgia Meloni del fallimento sostanziale della linea del governo. La crescita economica si è fermata e questo vuol dire la stagnazione del reddito della gran parte delle famiglie, con il rischio che nei prossimi mesi possa manifestarsi un calo dell’occupazione. La spesa del PNRR è in grave ritardo e questo non potrà non emergere a mano a mano che si avvicina la scadenza ultima del 2026. Nello stesso tempo il percorso sull’autonomia è stato colpito dalla sentenza della Corte Costituzionale che impone ora al governo delle decisioni molto difficili sul da farsi, con il rischio di un esito molto negativo del referendum se la Corte Costituzionale dovesse giudicarlo ammissibile. Nello stesso tempo, il governo ha dovuto prendere atto che la formulazione data nella prima lettura delle Camere alla riforma in senso presidenziale della Costituzione non è sostenibile in generale e non vede d’accordo parti consistenti della stessa maggioranza. Quanto alla riforma della giustizia, non vi è neppure la pretesa di sostenere che si tratti di una riforma nell’interesse dei cittadini.
L’on. Meloni sa, meglio di altri, che l’esito delle recenti elezioni amministrative e regionali indica che il declino della maggioranza è ormai scritto nelle cose e che se l’opposizione riesce a presentarsi unita, essa vince le elezioni, come si è visto da ultimo in Emilia Romagna e soprattutto in Umbria. È probabilmente iniziata, o se non è iniziata presto inizierà, una discussione in seno al partito di maggioranza su come limitare il danno in prospettiva, se sia meglio attendere la fine normale della legislatura oppure rischiare il tutto per tutto in una elezione anticipata nella quale forse l’opposizione non sarebbe ancora pronta ad unirsi.
Si tratta degli indizi di una crisi di consenso che è destinata ad aggravarsi con il passare del tempo. Quanti voti ha fatto perdere al governo la proposta, ora ritirata, di equiparare lo stipendio dei membri del governo non parlamentari a quello dei parlamentari? Quanti voti sta facendo perdere lo spettacolo del centro per i migranti in Albania costruito in tutta fretta senza valutare che esso non poggiava su una solida base giuridica?
Ce n'è abbastanza per giustificare il nervosismo dell’on. Meloni e la scelta di attaccare tutto e tutti. Senza rendersi conto che per chi è al governo la polemica con l’opposizione che impedirebbe all’esecutivo di lavorare appare soprattutto come l’ammissione di una mancanza di risultati.
Per ora l’on. Meloni è troppo forte all'interno del suo partito e in rapporto alle altre forze della coalizione per cominciare a sentir parlare di alternative. Ma tutto fa pensare che questa sia la strada in discesa sulla quale la coalizione è avviata. E che il tempo non potrà che peggiorare le cose.
17 dicembre 2024
il problema è che il governo porta avanti la sua politica con proclami,e iniziative a dimostrare, (nonostante i fallimenti)l opinione pubblica che sta lavorando bene, e a ancora un grande seguito, questo dovuto anche, ad una opposizione debole e separata che non riesce a trovare un modo per trovare una linea comune.
Poi ci sono quei piccoli partiti che arrancano e si posizionano a destra o a sinistra cercando di non perdere la propria identità,spesso senza nessun peso politico.A questi vorrei dire,che una grande fetta del elettorato sta aspettando l alternativa fra i due poli. Il cammino è lungo ma credo che si possa fare