Dopo aver assunto ruoli di alta dirigenza presso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e presso l’Agenzia spaziale europea (ESA), Roberto Viola è dal 2015 Direttore generale della DG Connect, la Direzione generale della Commissione per le politiche dell'UE in materia di mercato unico digitale, sicurezza di Internet e scienza e innovazione digitale.
A lui abbiamo chiesto su quale binario viaggia l’Europa nella corsa globale al digitale: siamo in ritardo, oppure no, di fronte alle sfide della competizione globale e all’urgenza di politiche comuni per l’innovazione tecnologica imposta dalla pandemia in corso? Ci ha risposto per iscritto e le sue approfondite spiegazioni ci portano dentro le stanze della Direzione generale dove si parla di cybersicurezza, blockchain, High Performance Computing, intelligenza artificiale, e si pianifica la costruzione di una nuova politica digitale comune nel “rispetto di principi democratici e diritti umani”. Per l’Italia, che nel settore “a oggi affronta ritardi”, la grande occasione, sottolinea, sono i fondi del Next generation EU, da affidare però ad un’efficace programmazione del Piano nazionale.
Direttore, l’era digitale ha creato una nuova ricchezza basata sulla proprietà dei dati. La competizione fra Stati Uniti e Cina su questo fronte si manifesta con i toni di una “guerra tecnologica”. L’aggressività di questi due giganti digitali minaccia l’Europa?
“Viviamo nell'era dei dati e la quantità di dati generati dai cittadini, dalle imprese e dagli enti pubblici è in costante crescita. La nostra società sta generando un'enorme ondata di dati, circa 33 zettabyte (1 zettabyte è pari a 10 elevato alla ventunesima o 1,000,000,000,000,000,000,000 bytes) di dati prodotti nel mondo nel 2018, che dovrebbero salire a 175 zettabyte nel 2025. I dati trasformeranno il nostro modo di produrre, consumare e vivere.
Contrariamente a quanto si sente dire, però, l'Europa in questo settore non soffre di ritardi tecnologici e non siamo in guerra. L'UE ha un'opportunità unica per prendere nelle sue mani la gestione e l'analisi dei dati provenienti dalle fabbriche, dai trasporti, dall'energia e dal settore sanitario oppure dalle amministrazioni pubbliche. L'obiettivo è di garantire che disponiamo di una scelta, di alternative e di una sana concorrenza. In tal modo si evitano dipendenze indesiderate, sia dal punto di vista economico che geopolitico.
L’Unione europea è sinonimo di fiducia e rispetto di principi democratici e diritti umani. Difendiamo l’approccio multilaterale e siamo pronti a cooperare con qualsiasi paese nel rispetto degli stessi principi di base.
L'UE lavora seriamente a tutto cioè che riguarda i dati. Dal 2014 la Commissione ha adottato una serie di misure per agevolare lo sviluppo di un'economia dei dati, come il regolamento sulla libera circolazione dei dati non personali, il regolamento sulla cyber-sicurezza, la direttiva sull'apertura dei dati e il regolamento generale sulla protezione dei dati personali.
L'obiettivo della strategia europea in materia di dati, presentata all'inizio di quest'anno, è fare in modo che l'UE diventi un modello di riferimento e un leader per una società dei dati. A tal fine, miriamo a creare un mercato unico dei dati - un autentico spazio europeo dei dati - per sbloccare i dati inutilizzati e consentirne la libera circolazione tra settori all'interno dell'Unione europea. Continueremo a essere un mercato aperto ma basato sulle regole e a lavorare in stretta collaborazione con i nostri partner internazionali”.
Raggiungere la Sovranità tecnologica e digitale europea è uno degli obiettivi prioritari della Commissione von der Leyen. Presuppone, è evidente, massima fiducia negli scambi di informazioni e dati a livello europeo. È realistico che questo avvenga mentre in alcuni Stati crescono aspirazioni isolazionistiche e si affermano nazionalismi e rivendicazioni di tipo protezionistico?
“È vero che negli ultimi anni abbiamo sentito un numero crescente di voci che chiedono un approccio più nazionalista e/o protezionistico. Tuttavia, cercare di mantenere le tecnologie digitali entro i confini nazionali è uno sforzo inutile. La tecnologia è, per sua natura, senza confini.
In Europa stiamo costruendo una nuova politica digitale assicurandoci che importanti atti legislativi in campo digitale, per esempio sui servizi digitali, sull’intelligenza artificiale o sulla condivisione dei dati, abbraccino e integrino pienamente i principi di apertura, di libertà, di privacy e di protezione dei dati personali e libertà di parola.
Di conseguenza, abbiamo cominciato a collaborare in aree che pochi anni fa erano considerate come intoccabili a causa delle competenze nazionali, o che non esistevano nemmeno, come la sicurezza 5G, la cybersecurity, l'eHealth, Blockchain, High Performance Computing o Quantum policy, per citarne alcuni.
L'autonomia strategica aperta costituisce l'obiettivo chiave dell'UE per rivendicare la nostra leadership digitale, sulla base dei principi europei, nel Decennio Digitale. Questo obiettivo è diventato una necessità assoluta alla luce delle dipendenze dai paesi terzi, evidenziate dalla crisi causata dal Covid-19, e in un contesto di costanti cambiamenti del potere geopolitico.
La strategia europea sui dati auspica una nuova governance dei dati che assicurerà che gli individui e le aziende mantengano il controllo dei propri dati, garantendo così un maggiore livello di sovranità dei dati in Europa. Tendenze protezionistiche non sono in linea con la politica dei dati europea, il cui obiettivo è creare un mercato unico dei dati. Ciò significa che ci saranno delle regole per assicurare una fornitura costante di dati da un lato e regole per stimolare la domanda dall’atro. I dati saranno così effettivamente utilizzati e riutilizzati, creando valore aggiunto per l’economia e la società europee. Anche attori e dati non europei saranno benvenuti nel mercato dei dati europeo, solo però se rispettano le nostre regole e valori fondamentali”.
Per il rilancio delle economie nazionali la Commissione europea raccomanda ai Paesi membri una rapida transizione digitale in tutti i settori. In che modo Bruxelles sta sostenendo il grande sforzo degli Stati per l’adeguamento tecnologico?
“La Commissione europea elabora piani ambiziosi a favore della transizione digitale in tutti i settori da tanti anni, ma la pandemia di Covid-19 ha portato avanti questo settore d’azione, dimostrandoci la necessità di accelerare. Nel giro di poche settimane abbiamo assistito al progresso che abitualmente richiede anni di innovazione e trasformazione digitale.
Innanzitutto, la crisi e la responsabilità che abbiamo di proseguire con il distanziamento sociale, continuano ad accentuare l’importanza della connettività. L’accesso ad una connessione affidabile è il fondamento per la transizione digitale e la premessa per la ripresa economica. La Commissione ha pubblicato, a settembre, una Raccomandazione sulla connettività invitando gli Stati membri ad accelerare l’investimento nelle reti a banda larga e ad altissima capacità, come 5G, e a ridurre il costo del dispiegamento di tali reti. La Raccomandazione chiama gli Stati membri a condividere e concordare le migliori pratiche entro 30 marzo 2021.
Molti sforzi si sono concentrati sul coordinamento di un approccio comune per l'uso delle applicazioni di tracciamento dei contatti. Infatti, gli Stati membri, con il sostegno della Commissione, hanno concordato una serie di principi guida, tra cui l'efficacia, la volontarietà, la tutela della vita privata e l'interoperabilità. Le app di tracciamento dei contatti, se pienamente conformi alle norme dell'UE e ben coordinate, possono svolgere un ruolo importante in tutte le fasi di gestione della crisi.
È stata inoltre mobilitata una delle più potenti piattaforme di supercalcolo del mondo, finanziata dall'UE, per verificare il potenziale impatto di molecole note sulla struttura genomica del coronavirus. Il progetto Exscalate4CoV ha già iniziato a fornire risultati innovativi, identificando un farmaco generico già registrato e utilizzato per il trattamento dell'osteoporosi come potenziale trattamento per i pazienti affetti da Covid-19 con infezione moderatamente sintomatica.
Per quanto riguarda le azioni a supporto dell’adeguamento tecnologico delle scuole, la Commissione ha pubblicato nel mese di ottobre il Piano d'azione per l'istruzione digitale (2021-2027), che delinea la visione della Commissione europea per un'istruzione digitale di alta qualità, inclusiva e accessibile in Europa.
È ora necessario adeguare i sistemi di istruzione e formazione all'era digitale. In particolare, il Piano prevede azioni volte ad assicurare alle scuole una connessione Internet ad alta velocità. Condizione imprescindibile per garantire accesso a risorse e strumenti didattici digitali. Sono previsti incentivi per migliorare la capacità digitale delle scuole e sostenere l'innovazione mediante l'uso di tecnologie emergenti quali l'analisi dei dati, l'intelligenza artificiale o la realtà aumentata/virtuale per migliorare l'apprendimento e l'insegnamento. Il Piano propone inoltre l’introduzione dell'apprendimento dell'informatica e delle nozioni di programmazione a scuola, in modo da rafforzare le competenze digitali degli studenti. Infine, vengono estesi progetti di successo, quali i tirocini ‘Opportunità digitali’, che finanziano stage in azienda per gli studenti al fine di migliorare le loro competenze digitali sul posto di lavoro”.
Cosa deve fare l’Italia per centrare l’obiettivo di una politica digitale all’altezza dei tempi? A chi va affidato il compito di valutare e scegliere i progetti per la transizione digitale? Il pericolo è che i fondi del Next generation EU vadano dispersi nella miriade di richieste che vengono da enti pubblici e privati, amministrazioni locali e nazionali
“L'Italia sarà uno dei principali beneficiari del pacchetto di ripresa, con una dotazione totale nell'ambito di Next Generation EU di 209 miliardi di euro. Si tratta di un'opportunità senza precedenti per promuovere un'ampia transizione digitale.
A sostegno di questa priorità, il Consiglio europeo su proposta della Commissione, ha fissato un target del 20% delle sovvenzioni del Recovery and Resilience Fund a favore di misure volte a sostenere il digitale. Questo si tradurrebbe per l’Italia in circa 12 miliardi di euro. Sono cifre che, se ben utilizzate, potrebbero imprimere un’accelerazione all’economia italiana senza precedenti.
Come sappiamo, a oggi l'Italia affronta ritardi sia per quanto riguarda l’adozione delle tecnologie digitali da parte delle imprese sia nello sviluppo delle competenze digitali dei cittadini. Questi fondi potrebbero andare a colmare le lacune in materia di infrastrutture digitali, come il 5G, potrebbero sostenere la digitalizzazione della pubblica amministrazione, incoraggiando l’utilizzo di cloud e big data. Investimenti potrebbero andare a sostegno dell’istruzione, per favorire lo sviluppo delle competenze digitali a tutti i livelli e migliorare l’apprendimento anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie. O ancora, si potrebbero finanziare misure per la digitalizzazione e l'innovazione delle imprese e i loro progressi verso la duplice transizione, accompagnandole anche con attività di formazione specifiche. Allo stesso tempo, l’Italia potrebbe investire nella diffusione di tecnologie avanzate (come l'IA, la cibersicurezza, o la blockchain). All’interno dei Piani per la ripresa, gli Stati membri illustreranno i loro progetti di investimento e le proposte di riforme per una crescita sostenibile, verde e digitale”.
Silvia Di Bartolomei
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