Quando tocca i temi economici si sente che Mario Draghi si muove su un terreno che conosce e domina completamente. Nella sua conferenza stampa di ieri il Presidente del Consiglio ha trasmesso un duplice messaggio. Da un lato ha dato il senso che il governo non sottovaluta i nuovi problemi che la guerra in Ucraina potrebbe comportare: a cominciare dall'inflazione e dalla possibilità che vengano meno approvvigionamenti necessari qualora la situazione internazionale peggiori ulteriormente. Dall'altro, però, ha fatto capire di voler evitare un allarmismo eccessivo, che potrebbe produrre dei danni maggiori di quelli che le circostanze reali potranno comportare.
Insomma, Draghi ha fatto capire che il governo interverrà se e quando sarà necessario. Ma che se ciò avverrà, si tratterà di interventi ai quali si sta pensando già oggi, anche se non è necessario né utile che se ne parli. In sostanza, non c'è ragione di anticipare ora decisioni che potrebbero risultare necessarie domani, ma che forse, se dovesse esserci una schiarita sul piano internazionale, potrebbero non essere necessarie.
È un’impostazione prudente ed equilibrata.
Circa la situazione ucraina, è apprezzabile che il governo italiano non usi verso il leader russo un linguaggio aspro. Non perché l'azione russa non sia totalmente inaccettabile sul piano politico ed anche sul piano morale, ma perché, quando si danno giudizi troppo drastici, o ci si prepara alla guerra oppure si manifesta un'impotenza.
È condivisibile la posizione della NATO e di singoli paesi di aiutare gli ucraini a difendersi e di farlo con tutti i mezzi disponibili sulla base della carta delle Nazioni Unite che autorizza gli Stati ad aiutare i paesi oggetto di una aggressione.
Il linguaggio virulento è quindi sostanzialmente inutile, anche se la nuova autonomia della Gran Bretagna dopo la Brexit – decisione che continua in generale a sembrarci preoccupante - potrebbe nel caso specifico rivelarsi un’arma tattica in più del fronte occidentale. Nella nostra panoplia, la presenza di un “poliziotto cattivo” potrebbe dare qualche frutto.
Sarebbe però auspicabile che Biden, che è il leader dell’alleanza, tenesse una posizione non troppo vicina a quella britannica, evitando uscite come quelle delle ultime ore che sembrano più dettate da esigenze di politica interna – le elezioni di mid-term sono alle porte – che dalla necessità di far scendere al più presto la temperatura del quadro internazionale.
Anche per quanto riguarda la pandemia, la soddisfazione del governo per come ha condotto le cose da un anno a questa parte appare sostanzialmente giustificata, comprese le decisioni sull'obbligo del green pass, che si è rivelata una misura vincente. Opportune ci sono sembrate anche le parole di Draghi sul governo Conte e il riconoscimento che esso ha dovuto fronteggiare per primo in Europa l'arrivo della pandemia.
Nel complesso, quindi, dalla conferenza stampa del Presidente del Consiglio possono trarsi, pur tra le difficoltà che caratterizzano la situazione, spunti incoraggianti circa la capacità del governo di affrontare bene il futuro che ci attende.
Dopo gli scossoni seguiti al difficile passaggio dell’elezione del Presidente della Repubblica, anche le stesse forze politiche di maggioranza sembrano aver ritrovato la convinzione di quanto sia necessario che questo esecutivo debba poter godere della fiducia più ampia da parte loro.
P.S.
Ieri c'è stato un duetto fra l'on. Violante e l'on. Meloni su Telesio Interlandi.
La leader di FdI, nel dire che l’errore di Mussolini è stato quello di non evitare l'alleanza con Hitler, ha confermato di stare ancora diversi passi indietro rispetto alle posizioni assunte da Gianfranco Fini.
Niente di nuovo, quindi, né di apprezzabile.
Ciò che ci ha sorpreso che è l’onorevole Violante non glielo abbia fatto notare.
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