La pandemia torna a mordere in Europa con una quarta ondata, che appare ancora in fase crescente, mentre la tanto temuta variante omicron, o sud africana, si è già insinuata nel nostro paese. Ad essere colpiti, questa volta, sono soprattutto i paesi del nord ed est Europa, Germania in testa, per una volta meno virtuosi dei paesi dell’area mediterranea nelle politiche di contenimento e, soprattutto, nella somministrazione dei vaccini.
Il governo Draghi si sta muovendo con la rapidità e la decisione che la diffusione del virus richiede, cercando di prevenirne gli effetti più che inseguirlo come in passato, quando, ed è bene ricordarlo, l’Italia arrivò ad avere un numero di morti superiore alla somma dei morti di Inghilterra, Francia, Germania e Spagna. In tal senso, vanno nella giusta direzione sia l’accelerazione sulla somministrazione delle terze dosi, sia omologhe che eterologhe, sia l’introduzione del super green pass. L’efficacia dei vaccini, infatti, tende a ridursi col tempo e i richiami sono fondamentali per mantenere la protezione che garantiscono sulle conseguenze dell’infezione. La comparsa delle varianti, che seleziona ceppi virali progressivamente più contagiosi (anche se non necessariamente più letali), imporrà l’effettuazione di richiami specifici a intervalli regolari. È bene che su questo punto si sia chiari e non si favoriscano false speranze di definitiva eradicazione del virus, almeno fino a quando vi saranno grandi aree del mondo a cui è precluso l’accesso alle vaccinazioni. La vaccinazione riduce la possibilità del virus di replicarsi all’interno delle cellule ospiti e, così facendo, riduce la probabilità statistica dell’emergere di varianti pericolose. La comparsa delle varianti, infatti, è legata semplicemente al fatto che, durante la replicazione, vengono commessi degli errori di codifica tali da modificare la superficie della proteina Spike, rendendola poco riconoscibile da parte degli anticorpi. Più ospiti scoperti dal vaccino trova, maggiore è il numero delle mutazioni che il virus può mettere in atto.
Chi è vaccinato, comunque, può entrare in contatto col virus (del resto si trasmette per via aerea) e anche trasmetterlo, ma sviluppando una condizione asintomatica o paucisintomatica rispetto a chi vaccinato non è, proprio perché la maggior parte della carica virale viene disattivata dagli anticorpi. In tal senso, il super green pass serve a salvaguardare proprio i non vaccinati e le conseguenze che l’infezione può avere su di loro e sul sistema sanitario. È questo l’aspetto forse più rilevante.
Le polemiche di questi giorni tra sì e no vax, tra sì e no green pass, si sono avvitate (e continuano a farlo data la quotidiana quantità di dibattiti sull’argomento) sulla validità del green pass al fine di prevenire il contagio. È un falso bersaglio. Il green pass è utile nel contenere gli effetti del contagio, nell’evitare che a contagiarsi siano soggetti non coperti dalle difese immunitarie indotte dal vaccino e pertanto più a rischio di conseguenze gravi, ricoveri ospedalieri e nei reparti di cure intensive. I risultati del nostro paese, che è stato il primo a utilizzarlo in modo rigoroso, lo dimostrano, così come ne rappresenta una controprova l’improvviso accendersi di focolai di contagio tra non vaccinati durante le irragionevoli e irresponsabili manifestazioni di protesta avvenute un po’ dappertutto nelle nostre città, ma soprattutto a Trieste, rapidamente colpita da un’impennata delle ospedalizzazioni.
Forse, contrariamente a quanto può pensare qualcuno, si sarebbe dovuti essere ancora più rigorosi da subito, applicando le regole introdotte adesso col super green pass. La sua efficacia è oggi riconosciuta anche da altri paesi europei, prima di questa quarta ondata portati ad esempio di democrazia e garanzia dei diritti delle minoranze (egoiste), che lo hanno introdotto o stanno per farlo in forme anche più draconiane, proprio in seguito al disastro provocato dalla quarta ondata che li ha investiti nelle ultime settimane. Così la Germania, che è oggi in affanno avendo quasi esaurito i posti nelle terapie intensive (enormemente più numerosi dei nostri), o l’Olanda, costretta a chiedere aiuto ai paesi vicini non avendo più posti intensivi, o l’Austria chiusa dal lock down.
Ma il dato a mio parere più rilevante, e argomento pressoché ignorato nella quotidiana rissa dei talk show televisivi, è l’impatto devastante che l’infezione da Covid ha avuto e sta avendo sulle altre gravissime patologie, che l’infezione non ha certo ridotto. Migliaia di interventi chirurgici rinviati, proprio per fare posto ai pazienti Covid a cui destinare posti letto ordinari e intensivi, chemioterapie rinviate, impossibilità di ricovero per molti cardiopatici che ha portato, nel corso delle prime ondate nel nostro paese, ad una riduzione di ricoveri e interventi persino per gli infarti cardiaci, con conseguente aumento della mortalità, così come con forza denunciato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica. Gli effetti sulla salute di chi è stato privato delle cure si vedranno nel tempo, e a lungo. Tutto ciò per la pretesa di esercitare un diritto egoistico, spacciandolo per diritto costituzionale, che non tiene conto del fatto che il diritto alla salute è un diritto generale, un bene pubblico e che come tale va salvaguardato.
Oggi il dibattito pubblico, sacrificando il valore delle competenze sull’altare dello share, vede protagonisti filosofi, giuristi, giornalisti, scrittori, esperti di comunicazione e tante figure che nulla hanno a che fare con la medicina e la scienza, ma che di dati scientifici concionano, con virulenza, senza capirli. Oppure riportano dati palesemente falsi. Un caso per tutti: cercare di fare passare il Giappone come un paese che ha contenuto brillantemente gli effetti del Covid nonostante un tasso di vaccinati risibile. Il Giappone ha contenuto gli effetti del Covid perché ha una percentuale di vaccinati tra le più alte al mondo, dove questo serva a confermare la validità dei vaccini e smascherare i falsi onniscienti.
Cesare Greco
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