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La minaccia che svela l'impotenza

  • la segnalazione
  • 5 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

Riportiamo di seguito l’editoriale di Giorgio La Malfa, pubblicato oggi in prima pagina da l’Altravoce, il Quotidiano nazionale

 

di GIORGIO LA MALFA - Senza precipitarsi a liquidarla come una decisione «stupida», come fanno taluni, il vero problema che dobbiamo porci di fronte alla decisione annunciata ieri dal Presidente degli Stati Uniti di imporre dei dazi molto pesanti a tutto il resto del mondo è capire a che cosa miri davvero questa politica. E questo ovviamente non è facile, perché Trump si è ben guardato di spiegarlo e nessuno dei suoi collaboratori ha offerto una spiegazione plausibile del ragionamento economico e politico della decisione. Bisogna procedere cercando una spiegazione razionale, che tuttavia, come dirò, non è facile rinvenire.

È difficile pensare che l’obiettivo sia quello di introdurre definitivamente i dazi, sapendo oltretutto che è probabile che i paesi colpiti reagiscano con misure analoghe. Le valutazioni concordi sono che una guerra commerciale di queste proporzioni provocherebbe una recessione mondiale. Dunque si dovrebbe pensare che l’obiettivo sia quello di costringere gli interlocutori a aprire un tavolo bilaterale di discussione con l'America. In quel caso Trump potrebbe dire ai suoi concittadini di avere «costretto» gli altri a trattare e potrebbe lasciar intravvedere la fine dei dazi a sollievo dei mercati finanziari che, altrimenti, rischiano di proseguire nella discesa iniziata ieri. In questa prospettiva di una trattativa, l’amministrazione americana potrebbe avere un obiettivo ulteriore e specifico per quello che riguarda l’Europa. Essendo evidente che Trump e i suoi hanno un’ostilità molto profonda verso l’Unione Europea (anche se è veramente difficile capire che cosa l’Europa, che in tutto il dopoguerra è stata una leale e costante alleata degli Stati Uniti, anche quando vi potevano essere dei dubbi sulle loro politiche abbia fatto per meritare tanto odio), essi potrebbero sperare che venga contestata l’attribuzione alla Commissione Europea della responsabilità per le politiche commerciali esterne dell’Unione. Può darsi che Trump si immagini una processione di stati europei alla ricerca di un accordo bilaterale con gli Stati Uniti per tutelare le proprie esportazioni. Significherebbe avere degli interlocutori debolissimi al tavolo della trattativa ai quali l’America potrebbe chiedere e imporre qualsiasi cosa. Che la trattativa la faccia la Commissione Europea è la sola tutela efficace dell’Europa: auguriamoci che lo capiscano tutti a cominciare dal governo italiano.

Detto questo, osservato cioè che la mossa di Trump non può che mirare a una trattativa con il resto del mondo, nasce un problema sostanziale: che cosa vuole ottenere e che cosa può ottenere l’America da una trattativa con il resto del mondo? Il punto è il seguente: se in questo periodo l’elevato deficit della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti si accompagnasse a una stagnazione del reddito nazionale e a un’alta percentuale di disoccupati, l’accusa rivolta da Trump al resto del mondo di sottrarre posti di lavoro all’America potrebbe avere un senso e l’imposizione di dazi potrebbe essere uno strumento per costringere il resto del mondo a negoziare con gli Stati Uniti un riequilibrio delle rispettive bilance dei pagamenti, attraverso maggiori importazioni dagli Stati Uniti. E in alternativa, fallita la trattativa, avrebbe senso per l’America perseguire l’insediamento negli Stati Uniti di nuove attività produttive.

Ma le cose non stanno così: oggi la disoccupazione americana è al minimo e, salvo riaprire le frontiere a quegli immigrati legittimi o clandestini che oggi vengono scacciati, l’America non sarebbe in grado di mettere in funzione le fabbriche che Trump vorrebbe si insediassero negli Stati Uniti. In altre parole, il problema del deficit della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti non deriva da noi: deriva dal fatto che gli americani vivono al di sopra dei loro mezzi. Consumano più di quello che producono e si indebitano con il resto del mondo per farlo. Possono continuare a farlo perché il dollaro è una valuta cruciale per il commercio internazionale. Se prima dell’euro l’Italia, o la Francia, o un altro paese europeo avesse avuto un deficit di bilancia dei pagamenti, molto presto avrebbe dovuto stringere la cinghia e ridurre le importazioni.

La situazione sembra dunque essere questa: o l’America riduce i propri consumi, oppure continua a indebitarsi con il resto del mondo, fino a quando il resto del mondo è disposto ad accumulare una valuta che in sé non vale il suo valore apparente. I dazi non alterano questa situazione, Né la modificano i negoziati che potrebbero essere intrapresi. Il problema non siamo noi: è l’America.

E se invece che una manifestazione di prepotenza la decisione annunciata ieri da Trump sui dazi fosse una confessione di debolezza, quasi un segno di disperazione?


5 aprile 2025

2 Comments


e.martelloni
Apr 05

La domanda è: servirà questo " Fortino" a dare all'economia americana solidità interna e rendere " make the dollar great again"?

E l'Europa cosa farà?

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e.martelloni
Apr 05

E' forse per questo che Trump è amico di Putin? Lui mira alle "terre rare" dell'Ucraina, per compensare il fatto che la popolazione USA spende più di quel che guadagna.

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